sabato 6 dicembre 2008

SAGGEZZA

“Non c’è uomo, per quanto saggio, mi disse, che in un certo periodo della sua giovinezza non abbia pronunciato parole, o addirittura condotto una vita, il cui ricordo gli risulti sgradevole e che vorrebbe poter cancellare. Ma non deve assolutamente rammaricarsene, perché non può nutrire alcuna certezza d’essere diventato un saggio, nella misura in cui ciò è possibile, se non è passato attraverso tutte le incarnazioni odiose o ridicole che devono precedere quest’ultima incarnazione. So che ci sono dei giovani, figli e nipoti di uomini distinti, ai quali i precettori hanno insegnato, sin dal collegio, la nobiltà dell’intelletto e l’eleganza morale. Costoro, forse, non hanno nulla da estirpare dalla loro vita, potrebbero pubblicare e sottoscrivere tutto ciò che hanno detto, ma sono spiriti poveri, discepoli esausti di maestri pedanti, e la loro saggezza è negativa e sterile. La saggezza non la si riceve, bisogna scoprirla da soli al termine di un itinerario che nessuno può compiere per noi, nessuno può risparmiarci, perché è un modo di vedere le cose. Le vite che ammirate, gli atteggiamenti che vi sembrano nobili non sono stati stabiliti dal padre o dal precettore, sono stati preceduti da esordi ben diversi, influenzati dal male o dalla banalità che regnavano tutt’intorno. Rappresentano una lotta e una vittoria. Capisco che l’immagine di quel che siamo stati una prima fase non sia più riconoscibile e, comunque, colpisca sgradevolmente. Non per questo dev’essere rinnegata, perché testimonia che abbiamo veramente vissuto, che dagli elementi comuni della vita - la vita degli ateliers, degli ambienti artistici se si tratta di un pittore - abbiamo saputo estrarre, secondo le leggi della vita e dell’intelligenza, qualcosa che li trascende”.

Da “La ricerca del tempo perduto”, vol.2 “All’ombra delle fanciulle in fiore, nomi di paesi: il paese”, Marcel Proust (1919)

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