domenica 7 dicembre 2008

RIFLESSIONI DI PROUST

Vedevo d'improvviso una nuova faccia dell'abitudine.
Fino a quel momento l'avevo considerata soprattutto come un potere distruttivo che sopprime l'originalità e addirittura la coscienza delle percezioni; ora la vedevo come una divinità temibile, così inchiodata a noi, con il suo viso insignificante così conflitto nel nostro cuore che se si stacca da noi, se ci volge le spalle, questa divinità che quasi non distinguevamo, ci infligge sofferenze più terribili di qualsiasi altra e allora diventa crudele come la morte.
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In amore non può esserci tranquillità, perché il vantaggio conquistato non è che un nuovo punto di partenza per nuovi desideri.
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Non riusciamo a cambiare le cose secondo il nostro desiderio, ma gradualmente il nostro desiderio cambia.
Non abbiamo saputo superare l'ostacolo come eravamo assolutamente decisi a fare, ma la vita ci ha condotti di là da esso, aggirandolo, e se poi ci volgiamo a guardare il lontano passato riusciamo appena a vederlo, tanto impercettibile è diventato.
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I legami fra una persona e noi esistono solamente nel pensiero.
La memoria, nell'affievolirsi, li allenta; e, nonostante l' illusione di cui vorremmo essere vittime, e, con la quale, per amore, per amicizia, per cortesia, per rispetto umano, per dovere, inganniamo gli altri, noi viviamo soli.
L'uomo è l'essere che non puo' uscire da se', che non conosce gli altri se non in se medesimo, e che, se dice il contrario, mente.
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I ricordi che abbiamo gli uni degli altri, anche in amore, non coincidono.
Un ricordo, un dolore, sono mobili. Ci sono giorni in cui fuggono così lontano che a stento li scorgiamo, e li crediamo andati via per sempre.
M. Proust

CARPE DIEM (COGLI L'ATTIMO)

"Carpe diem" è l'ode più famosa del grande poeta latino Orazio e costituisce, nella sua brevità, una delle più potenti e profonde riflessioni sul senso della vita. Il poeta si rivolge alla donna innamorata (Leuconoe), invitandola a non chiedere quale sia il destino che gli dei hanno riservato per loro (i due innamorati) e a non confidare sugli oroscopi, perché a nessuno è dato conoscere il futuro. Meglio accettare il corso della vita, sopportare questa oscurità che grava come un'onda minacciosa sull'esistenza umana.

« Tu non chiedere - non è concesso sapere - quale fine a me e quale fine a te gli Dèi abbiano concesso, o Leuconoe, e non consultare i calcoli babilonesi.
E' meglio patire ciò che sarà. sia che Giove ci attribuirà molti inverni
O che questo sia l'ultimo, il quale fa infrangere le onde del mar Tirreno sulle opposte scogliere, tu sii saggia e versa il vino e recidi ogni lunga speranza che oltrepassi il breve spazio del tempo immediato.
Mentre parliamo esso è già fuggito. Cogli l'attimo, credendo il meno possibile nel domani »

LA DECISIONE MIGLIORE

Non si può mai sapere che cosa si deve volere perché si vive una vita soltanto e non si può né confrontarla con le proprie vite precedenti, né correggerla nelle vite future. [...]. Non esiste alcun modo di stabilire quale decisione sia la migliore, perché non esiste alcun termine di paragone. L'uomo vive ogni cosa subito, per la prima volta, senza preparazioni. Come un attore che entra in scena senza avere mai provato. Ma che valore può avere la vita se la prima prova è già la vita stessa? Per questo la vita somiglia sempre ad uno schizzo. Ma nemmeno "schizzo" è la parola giusta, perché uno schizzo è sempre un abbozzo di qualcosa, la preparazione di un quadro, mentre lo schizzo che è la nostra vita è uno schizzo di nulla, un abbozzo senza quadro.
(L'insostenibile leggerezza dell'essere di M.Kundera)

sabato 6 dicembre 2008

SAGGEZZA

“Non c’è uomo, per quanto saggio, mi disse, che in un certo periodo della sua giovinezza non abbia pronunciato parole, o addirittura condotto una vita, il cui ricordo gli risulti sgradevole e che vorrebbe poter cancellare. Ma non deve assolutamente rammaricarsene, perché non può nutrire alcuna certezza d’essere diventato un saggio, nella misura in cui ciò è possibile, se non è passato attraverso tutte le incarnazioni odiose o ridicole che devono precedere quest’ultima incarnazione. So che ci sono dei giovani, figli e nipoti di uomini distinti, ai quali i precettori hanno insegnato, sin dal collegio, la nobiltà dell’intelletto e l’eleganza morale. Costoro, forse, non hanno nulla da estirpare dalla loro vita, potrebbero pubblicare e sottoscrivere tutto ciò che hanno detto, ma sono spiriti poveri, discepoli esausti di maestri pedanti, e la loro saggezza è negativa e sterile. La saggezza non la si riceve, bisogna scoprirla da soli al termine di un itinerario che nessuno può compiere per noi, nessuno può risparmiarci, perché è un modo di vedere le cose. Le vite che ammirate, gli atteggiamenti che vi sembrano nobili non sono stati stabiliti dal padre o dal precettore, sono stati preceduti da esordi ben diversi, influenzati dal male o dalla banalità che regnavano tutt’intorno. Rappresentano una lotta e una vittoria. Capisco che l’immagine di quel che siamo stati una prima fase non sia più riconoscibile e, comunque, colpisca sgradevolmente. Non per questo dev’essere rinnegata, perché testimonia che abbiamo veramente vissuto, che dagli elementi comuni della vita - la vita degli ateliers, degli ambienti artistici se si tratta di un pittore - abbiamo saputo estrarre, secondo le leggi della vita e dell’intelligenza, qualcosa che li trascende”.

Da “La ricerca del tempo perduto”, vol.2 “All’ombra delle fanciulle in fiore, nomi di paesi: il paese”, Marcel Proust (1919)

RIFLESSIONI VARIE DI RILKE

“Lei è così giovane, così nuovo a ogni inizio, e io vorrei pregarla come posso, caro signore, di essere paziente verso tutto l'insoluto del suo cuore, e di tentare di amare le domande stesse come stanze chiuse, e come libri scritti in una lingua molto estranea. Non cerchi ora le risposte, che non possono esserle date perché non le potrebbe vivere. Mentre si tratta appunto di vivere tutto. Ora viva le domande. Forse così a poco a poco, insensibilmente, si troverà un giorno lontano a vivere la risposta”.

“Perciò, caro signore, ami la sua solitudine, e porti il dolore che essa le procura con melodioso lamento”.

“Se non vi è comunione tra gli uomini e lei, cerchi di stare vicino alle cose, ed esse non la abbandoneranno; ancora vi sono le notti e i venti, che soffiano tra gli alberi e su molti paesi; ancora, tra le cose e gli animali, tutto è pieno di eventi, ai quali le è concesso avere parte”.

“ Pericolose e cattive sono le tristezze che portiamo tra la gente, per sopraffarle; come malattie trattate in modo superficiale e sciocco, esse non fanno che arretrare per erompere, dopo una breve pausa, tanto più virulentemente; e si ammassano nell'intimo e sono vita, sono vita non vissuta, svilita, perduta, di cui si può morire”.

“Per questo è così importante essere solitari e attenti, quando si è tristi: perché l'istante in apparenza vuoto e fermo in cui il nostro futuro accede a noi, è tanto più vicino alla vita di quell'altro momento chiassoso e casuale in cui esso, come da fuori, sopravviene”.

“Perché vuole escludere dalla sua vita una qualche irrequietezza, una qualche pena, una malinconia, se ignora cosa tali stati d'animo stiano operando in lei?”.

“ Se qualcosa nei suoi stati d'animo le appare malato, rifletta che la malattia è il mezzo con cui un organismo caccia l'intruso. Dunque bisogna solo aiutarlo a essere malato, a vivere tutta la malattia e a farla erompere, poiché questo è il suo progresso”.
Riflessioni tratte da "Lettere ad un giovane poeta" di Rilke

INDIPENDENZA

Non si tratta di scegliere tra il sacrificio di sé e il dominio sugli altri, ma tra indipendenza e dipendenza (…) L’egoista è colui che ha rinunciato a servirsi in qualsiasi forma degli uomini, che non vive in funzione loro, che degli altri non fa il primo motore delle proprie azioni, dei propri pensieri e desideri, che non ripone in essi la fonte della propria energia (…) L’uomo può essere più o meno dotato, ma ciò che resta fondamentale è il grado di indipendenza al quale è giunto, la sua iniziativa personale (…) L’indipendenza è il solo metro con cui si possa misurare l’uomo. Ciò che un uomo fa di sé e da sé e non ciò che fa o non fa per gli altri (…) Il primo diritto dell’uomo è quello di essere se stesso e il primo dovere dell’uomo è il dovere verso sé stesso. Principio morale sacro è quello di non trasferire mai sugli altri lo scopo della propria vita. L’obbligo morale più importante dell’uomo è compiere ciò che desidera a condizione, prima di tutto, che quel desiderio non dipenda dagli altri.
Ayn Rand da La fonte meravigliosa

AMICIZIA

Amico mio, io non sono ciò che sembro. L'apparenza è come un abito che indosso, un abito che protegge me dai tuoi interrogativi e te dalle mie negligenze. Amico mio, l' "io" dimora in me nella casa del silenzio e lì rimarrà per sempre, impercettibile e inavvicinabile. Non voglio che tu creda ciecamente in ciò che dico o faccio, le mie parole e le mie azioni infatti non sono altro che i tuoi pensieri e le tue speranze resi tangibili.

Quando tu dici "Il vento spira verso est", io confermo "Sì, spira proprio in quella direzione"; perchè non voglio che tu sappia che la mia mente non dimora nel vento ma nel mare.

Tu non puoi capire i miei pensieri trasportati dalle onde, nè voglio che tu lo faccia. Preferisco navigare da solo. Quando da te è giorno, da me è notte; e pure descrivo il mezzogiorno che danza sulle colline e la furtiva ombra purpurea che attraversa la valle; perchè tu non puoi udire il canto della mia oscurità nè vedere il battito delle mie ali contro le stelle; del resto, meglio così.

Rimarrò solo con la mia notte. Quando tu ascendi al Paradiso, io scendo dall'inferno; e quando, dalla riva opposta del golfo che ci separa, mi chiami:

"compagno, amico ", a mia volta ti chiamo "compagno, amico " poichè non voglio che tu veda il mio Inferno. La fiamma ti brucerebbe gli occhi e il fumo ti invaderebbe le narici. E io amo troppo il mio Inferno per fartelo visitare. Resterò all'Inferno da solo. Tu ami la Verità, la Bellezza, la Giustizia e io per amor tuo dico che amare è giusto e decoroso,anche se dentro di me rido del tuo amore. Ma non voglio che tu lo veda.
Riderò da solo. Amico mio, tu sei buono, cauto e saggio,
certo, sei perfetto. Anch'io, benchè sia pazzo, quando parlo con te lo faccio con saggezza e con cautela, mascherando la mia pazzia.
Sarò pazzo da solo.Amico o nemico che tu sia,come posso farti capire?Anche se camminiamo insieme,mano nella mano, la mia strada non è la tua.
Kahlil Gibran